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OPERE

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INFERA 
«Se l’arte viene dal fuoco - combustione e consumazione del corpo -, non sembri strano che Paola Campidelli abbia dipinto per alcuni anni quasi esclusivamente teste. E che, di queste, abbia reso, con sfibrante coerenza, il carattere penitenziale. Il dolore, l’angoscia, il male che s’annida nelle fibre e deturpa i volti. La testa, qui, è in tutto e per tutto crogiolo, canopo, dove le spoglie umane vengono riposte, recipiente dove la parte più terragna del corpo, le viscere, arde attendendo l’ultima rigenerazione. [...] Approfondendo, quei volti che dalle tele di
Paola Campidelli si spingono fuori, quasi che con la loro corporale pasta volessero contaminarci; e che solo da questa confusione potesse venire alla pittura un senso, una giustificazione al suo farsi; ecco, quei volti sono prospettive su mondi ignoti: rocce, croste o zolle terrose, gorghi equorei, onde e flutti infranti, ruscelli montani che a valle portano i detriti e le schiume incontrate»

Maurizio Cecchetti
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