PAOLA CAMPIDELLI

«Sono veri e propri ritratti del vuoto, dove troviamo crudelmente infilzato sulla tela un campionario antropologico assediato e abitato da una nigredo spirituale alla soglia della sopportabilità, testimone di un dissidio interiore che si esprime come indicibile patimento e perorazione di sguardo; quello sguardo che è appunto l’ultimo ancoraggio dell’amore e della vita nella marea montante della materia di cui siamo impastati; quello sguardo che l’artista avverte essere l’ultimo possibile principium individuationis, l’estremo luogo in cui consistere come individualità, come persona e, soprattutto, come donna. Quello della Campidelli è l’enorme flatus vocis che sale dagli inferi della condizione esistenziale contemporanea [...] Nella pittura della Campidelli traluce un nucleo o meglio un grumo psichico sofferente che si struttura secondo lo sguardo corporeo proprio dell’arte, cioè quell’ordinamento di senso e di sensi in cui soggettività e oggettività vengono faticosamente a coincidere. Per la Campidelli l’atto gestuale del dipingere diviene coazione a tastare e compulsare l’unico corpo possibile del mondo, quello della materia che si fa adito alla salvezza»
Domenico Montalto